Simona Marchini – Donata Soprana, intervista 13/05/2021

Donata Soprana, intervista 13/05/2021

Barbara Martusciello, intervista 13/05/2021

Donata Soprana

Biografia

Donata Soprana pratica la fotografia come indagine personale da molti anni. Veronese, si è rapportata con la Fotografia nell’ambito familiare: il padre, noto radiologo, era un appassionato fotografo e videomaker che regalò alla figlia, per la sua Prima Comunione, una Kodak Pocket Instamatic. Come è accaduto e accade per molti altri autori, l’incontro con il mezzo e il linguaggio fotografico è avvenuto quindi per caso, ma ha permesso a Donata di sviluppare questo che è diventato il suo modo privilegiato di guardare, di selezionare la realtà e di esprimerla ed esprimersi. 

 

La macchina fotografica non l’abbandona mai: con essa vuole cogliere l’istante perfetto, in ciò seguendo l’indicazione e l’esempio di Henri Cartier-Bresson. Così, l’apparecchio è l’inseparabile compagno dei suoi tanti viaggi per il mondo in cui eterna la Natura, le persone, gli animali… I Paesaggi sono predominanti e in essi il deserto è protagonista: i colori straordinari, la luce incredibilmente vivida, quasi accecante, le distese sabbiose e quel silenzio che solo nel deserto emerge come un’assenza totale di  suono  e che Donata Soprana riesce a suo modo a restituire nelle sue istantanee.

 

Migliaia di fotografie fanno parte del suo ampio Archivio e una piccola parte di esso, selezionatissimo e tematico, è nella mostra a Roma nella nota galleria d’arte contemporanea La Nuova Pesa. L’esposizione (13 maggio – 11 giugno 2021), curata da Nestor Saied, muove dall’input prodotto in Donata dalla Fotografia di Vittorio Storaro per Il Tè nel Deserto, il film del 1990 di Bernardo Bertolucci, tratto dal romanzo The Sheltering Sky di Paul Bowles. Il deserto della fotografa – l’Oman, da lei definito del Grande Respiro – trova nella luce che Storaro ha sempre magistralmente valorizzato, e in particolare quella del deserto, un rispecchiamento, una risonanza: rivela quelle affinità elettive di proustiana memoria che hanno dato iniziazione alla sua personale espositiva. E proprio da qui inizia il percorso fotografico più pubblico di Donata, quello dentro il mondo della Fotografia di settore, che si amplificherà attraverso altre esposizioni, cataloghi, libri e una produzione che ha ormai assunto una sua presenza e dimensione ufficiali.

La fotografia di Donata Soprana

L’intervista – note di Nestor Saied curatore della mostra “OMAN, un grande respiro”

Donata Soprana presenta alla galleria La Nuova Pesa di Roma le sue fotografie, risultato di una indimenticabile e meravigliosa avventura nel nord dell’Oman nella zona di Sharqiya Sands, tra la sua gente, le dune e l’oceano, e hanno l’impronta del suo tocco personale di fotografa italiana.

Se dovessi descriverti in poche parole: chi sei?

Donata Soprana, fotografa; vivo nella campagna veronese, sono figlia di un appassionato di fotografia e questa passione mi è quindi stata in qualche misura trasmessa. Poiché amo anche moltissimo viaggiare, ho unito questi due interessi tanto da farne la mia vita.

Che tipo di fotografie fai? 

Istantanee: di volti, animali, paesaggi… Faccio fotografie di viaggio ma quello che mi interessa non è solo la bellezza, l’armonia, il dato reportagistico ma è catturare quel momento essenziale che mi colpisce di ogni soggetto…

L’essenziale… o anche l’invisibile?

Direi: l’essenziale per scoprire l’invisibile. 

Quindi è questo che cerchi quando scatti una foto?

Sì: fermare un momento essenziale, che mi emoziona, e che spero emozioni anche gli altri, che non erano lì con me ma che guardano le mie foto. Spero di aver colto e di far vedere l’essenziale, che dicevo prima, che però possa fare scoprire qualcosa che in un primo momento non balzava agli occhi…

Cosa ti piace meno di te come fotografa ?

L’insofferenza per la foto sbagliata.

Quali aspirazioni hai?

Continuare a viaggiare, a fotografare, a conoscere e a catturare attimi ed emozioni.

Perché l’Oman?

Perché lo immagino e lo sento come qualcosa di vitale e primordiale: una specie di grande respiro. Qualcosa di universale…

Come nasce l’idea di questa mostra?

Per tuo merito e interesse, quando hai scoperto la vastità della mia produzione e la serie, molto ampia, delle mie foto sui Deserti, sull’Oman…

La fotografia dei deserti, del silenzio e del primordio

Donata Soprana – profilo di Barbara Martusciello

“In verità, il viaggio attraverso i paesi del mondo è per l’uomo un viaggio simbolico. Ovunque vada, è la propria anima che sta cercando. Per questo l’uomo deve poter viaggiare” – Andrej Tarkowsky

 

Questa citazione relativa al viaggio come conoscenza di sé, profonda, oltre che come scoperta delle località luoghi attraversate e vissute, appartiene alla prassi fotografica di Donata Soprana, che non lascia mai il suo apparecchio fotografico a casa e immortala ogni paese e territorio e ogni realtà in cui arriva da viaggiatrice e mai da turista. Nelle sue immagini ogni cosa è prima di tutto occasione – come scriveva Henry Miller – di “un nuovo modo di vedere le cose”: le cose, nel caso della nostra fotografa veronese, sono luoghi in cui prorompe la bellezza e permane una certa evidenza originaria, un’autenticità che affiora nella sua Natura, nelle persone che immortala e negli animali…

 

Degli animali riesce a catturare la vitalità fiera e libera come pochi altri sanno. Ne dettaglia la conformazione, ne fissa i guizzi dei movimenti, la magnificenza del manto, ad esempio, ne cattura lo sguardo che, specialmente nel caso dei felini, è superbo, indomito… La grandezza della creazione – laica, ma forse anche intesa in senso spirituale – è riassunta in ogni esemplare appartenente alla vasta fauna che Donata Soprana, con i suoi scatti, perpetua.

 

Dai suoi viaggi Donata porta con sé anche le persone conosciute, frequentate o solamente incrociate ma che l’hanno colpita. I ritratti sono rispettosi: ambientati, raramente in posa, vedono i soggetti in dialogo con i luoghi che vivono, nella naturalezza in cui l’istante è osservato e fotografato. Non emerge il rapporto più o meno personale con la fotografa perché, abbiamo detto, il suo intento non è quello di modificare il momento; si impone, piuttosto, la stretta relazione con il proprio territorio di appartenenza e con la collettività.

 

Spesso, le persone sono viste di spalle: la schiena, i colori delle vesti, quell’enigma che ognuno porta in sé e che non è facile sondare, attraggono la fotografa che riesce a riportare questo mistero dell’essere umano in immagini davvero intense.

Con lo stesso carattere non predatorio, l’autrice fotografa il Paesaggio, che è Ambiente, è Natura, ma diventa anche Astrazione: luogo reale ma pure del desiderio, elemento attraversato e conosciuto sentitamente, in cui sembra che la fotografa – secondo la riflessione di Calvino su Le città invisibili – cerchi risposte alle tante domande che l’essere umano si fa sulla vita.

 

Dei deserti, soprattutto, Donata Soprana ritaglia le forme, intensificate dalla luce assolata, il rapporto con il cielo, i colori incredibili, l’equilibrio strutturale degli elementi fotografati e, allo stesso tempo, riesce a comunicare quanto di primordiale ci collega tutti alla terra-madre, all’universale che è fuori ma anche dentro di noi. In questo senso, il silenzio dei deserti, tanto palpabile quanto emblematico, la colpisce sempre a tal punto da a portarlo e comunicarlo nelle sue immagini: quasi in senso sinestetico. Anche ciò conferma una sua propensione ad abbracciare estetica e poetica dei luoghi in cui il primordiale affiora sempre e ci accomuna tutti.